Mark sta andando all’appuntamento con Julie, la sua migliora amica: la conosce da anni ormai. Con lei si confida sempre, ma non si sono visti molto negli ultimi tempi, per via dell’eccessivo lavoro. Un messaggio arriva, Mark controlla il telefono: è un sms da parte del suo capo, Bob. Lo avverte che il signor Moor è appena tornato in città e occorre immediatamente interrogarlo. Mark lo sa bene, c’è bisogno di prove, potrebbe essere proprio lui l’assassino. Deve rinunciare all’appuntamento con la sua amica. Le scrive un messaggio e raggiunge l’auto, sale e riparte: destinazione, l’aeroporto. Serve un’ora buona di macchina. Mentre guida pensa alle domande che rivolgerà all’indiziato. Controlla di avere addosso il taccuino e la penna: li sente entrambi nella tasca interna della giacca. Riceve una chiamata ma decide di non rispondere perché quando è concentrato non vuole parlare con nessuno. E intanto inizia a piovere. Accende la radio per ascoltare un po' di musica, alza il volume per non sentire né il rumore dell’auto né quello della pioggia. Giunge infine all’aeroporto. Ha appena parcheggiato, spento il motore il silenzio è subito squarciato da due spari. Si abbassa d’istinto sul sedile e nello specchietto laterale lo vede: il signor Moor è a terra sanguinante. La folla nel parcheggio inizia ad urlare, presa dallo spavento. Era dunque lui, il signor Moor, l’assassino: aveva riconosciuto Mark, si era sentito in trappola e con un colpo alla gola, si era tolto la vita. La polizia era già sul posto, incredibile: come poteva essere già lì? Qualcosa non quadra, pensa Mark. I poliziotti sono lì per lui, lo costringono a salire nell’auto diretta in centrale. E’ lui il sospettato. È tutto un grande malinteso.
Notes
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